Manca poco al Black Friday; sconti e promozioni sono ovunque e noi rischiamo di diventare, ancora una volta, le succulente prede di un consumismo sfrenato.
Le immagini di gente ammassata davanti alle vetrine dei negozi in attesa di aggiudicarsi l’offerta del momento mi fanno stare male. Davvero, sto male fisicamente. Mi manca l’aria, è come se fossi lì anche io e mi sentissi imprigionata in mezzo a quella folla urlante e isterica. A volte, quando le porte si aprono e le persone si riversano all’interno come un fiume in piena, si tirano i capelli e si prendono a botte o spintoni per accaparrarsi un televisore o un paio di stivali. Mi chiedo come siamo arrivati a questo punto.
La risposta è complessa e io non sono un’esperta, ma di certo il marketing gioca un ruolo fondamentale: si è talmente evoluto (o sarebbe meglio dire involuto?) da arrivare a convincerci che ogni cosa è necessaria e che se non lo è, lo diventerà presto. Creare un bisogno che non esisteva fino a un attimo prima è la carta vincente di ogni campagna pubblicitaria.
D’altra parte non ha molto senso dare sempre la colpa al mercato, alla società o a chi consapevolmente punta a creare una sorta di guerra fra poveri. Abbiamo teste pensanti e un cuore abbastanza grande da sapere che un nuovo elettrodomestico non vale uno schiaffo.
Sull’origine del Black Friday, che cade l’ultimo venerdì di novembre, il giorno dopo il Thanksgiving americano, ci sono varie tesi. Se inizialmente poteva davvero essere un modo per risparmiare qualcosa su un bene che volevamo da tempo, per cercare il regalo di Natale perfetto o magari fare un regalo a noi stessi, negli ultimi anni è diventata una moda svilente e dannosa.
Ma non è solo la pubblicità a trarci in inganno; spesso alla base c’è una nostra sensazione di carenza.
Ti faccio un esempio: la scorsa settimana ho lavorato a casa di Elena (nome di fantasia), splendida 50 enne separata da poco e con una bimba piccola. Abbiamo riorganizzato alcune stanze della casa che strabordavano di cose, creando caos visivo e mentale. Lavorando insieme, Elena ha alleggerito la sua casa e la sua mente, tutto ora è al posto giusto e lei è molto più rilassata. È tornata a sorridere dopo un periodo caotico e confuso in cui non si sentiva in grado di dare il meglio di sé alla sua bambina e tantomeno a se stessa.
La casa di Elena era così piena e confusa perché alla base c’era una percezione di mancanza: “faccio scorta perché non si sa mai”, “lo prendo perché potrebbe sempre servire in futuro”, “lo compro ora che è in offerta, tanto prima o poi lo userò”.
È un atteggiamento molto diffuso e può succedere a tutti, soprattutto se ci troviamo in una fase particolare della vita, di fare shopping alla ricerca di una momentanea gratificazione. È confortante, è appagante. Ma il rischio è che diventi un’abitudine consolidata e quindi più difficile da gestire.
Quando abbiamo raggruppato tutti gli oggetti per categoria, Elena si è resa conto di quante cose aveva acquistato impulsivamente. Non se ne ricordava nemmeno la metà. Perché è così che succede: si comprano cose che non si sa dove mettere e quel “lo metto qui un attimo e poi lo sistemo” si traduce in un accumulo disorganizzato che appesantisce l’ambiente e i pensieri.
L’acquisto impulsivo è una ricompensa momentanea, ma è proprio sull’impulsività che puntano le aziende. Strategie di comunicazione, palette di colori, effetto visivo e storytelling studiati nei minimi dettagli: l’importante è ottenere un click sul pulsante “acquista”. Poi un altro, e un altro ancora. Il rischio è molto reale: pensando di risparmiare, alla fine spendiamo molto più di quanto avremmo voluto per acquistare oggetti di cui ci importa poco.
Come possiamo agire per non lasciarci prendere troppo la mano? Organizzandoci per tempo.
A proposito di realtà sostenibili, conosci Rifò? Si tratta di un brand di Prato che produce in loco una linea di abbigliamento e accessori di qualità con fibre 100% rigenerate e rigenerabili.
Cito testualmente dalla loro newsletter:
“Sai perché il Black Friday non è sostenibile?
Perché ci rende dei consumatori e non delle persone.
Perché spinge un sistema basato sui prezzi e non sul valore.
Perché fa aumentare esponenzialmente i consumi mondiali di CO2 dovuti ai trasporti.
Ne abbiamo davvero bisogno? No.”
Demonizzare totalmente il Black Friday non ha molto senso, ma certamente possiamo farci le domande giuste per acquistare consapevolmente, meno e meglio, o non acquistare affatto.
Non abbiamo bisogno di più cose, abbiamo bisogno delle cose giuste per noi. L’abbiamo solo dimenticato.