Nel 2009 traslocavo nella mia nuova casa. All’ultimo piano, il nono, mi sentivo in cima al mondo: quello sarebbe diventato il mio angolo di paradiso.
Ho sempre inteso la casa come qualcosa di caldo e accogliente, quel concetto che gli inglesi chiamano “home”: non un semplice tetto sulla testa (fortuna che non do mai per scontata), ma piuttosto un rifugio, un nido, un posto in cui tornare e sentirsi in armonia con se stessi.
La casa è la manifestazione visibile della nostra personalità: se ripenso a tutte quelle in cui ho abitato da quando vivo da sola mi rendo conto che è sempre stato così, nel bene e nel male.
A 21 anni, con il mio primo lavoro, arriva il primo monolocale: un posto tutto per me arredato con mobili Ikea che monto da sola, scoprendo finalmente cosa diavolo fosse una brugola. A 25 anni, una casa per me e il mio fidanzato: un trilocale con quella stanza in più che per i primi tempi è solo il luogo in cui stirare, stendere, riporre le mie cose per la palestra e le sue per il calcio, ma che qualche anno dopo diventa una cameretta tutta bianca e gialla che accoglie la nostra bellissima bambina.
Il tempo passa e quella casa si trasforma e vede, inevitabilmente, anche alcune cose brutte. Ma soprattutto a trasformarmi sono io. Sto cambiando, sto crescendo, e qualche anno dopo sento che quell’appartamento non mi appartiene più; non è più la mia “home”, ho bisogno di cambiare aria.
Dopo tante ricerche, un caldo venerdì pomeriggio del 2009, la vedo: l’incaricato dell’agenzia immobiliare apre la porta e boom! Un colpo di fulmine, una vocina dentro di me che dice “è lei!”
La mia parte razionale prende il sopravvento, faccio una lista dei pro e dei contro, cercando di mettere a tacere per un attimo quella vocina. “Ehi, tu, stai un po’ zitta, che io devo comprare casa, mica caramelle!” le dico. Ma io so che quella casa l’ho già scelta. Anzi, è lei ad aver scelto me.
Decido di fidarmi della mia intuizione: negozio il prezzo e firmo il contratto. All’epoca lavoravo come dipendente 8/9 ore al giorno e crescevo una bimba di 11 anni, eppure, non so bene come, riesco a gestire da sola la ristrutturazione del mio nuovo appartamento.
Il 2 dicembre, finalmente, con pile di scatoloni che invadono il soggiorno, stremate, con due tazze per la colazione del mattino dopo e ancora niente negli armadi, io e mia figlia per la prima volta dormiamo nella nuova casa.
Quel giorno sono rinata. Avevo scelto io ogni cosa, ogni dettaglio, quella casa parlava di me e mi sentivo di nuovo in un nido caldo e sicuro.
Sono passati dieci anni e se guardo indietro vedo tutto ciò che di bello mi ha portato questa scelta: la mia vicina di casa che ora è una delle mie migliori amiche; il silenzio, un regalo prezioso incluso nel prezzo, che mi aiuta a ricaricarmi di nuove energie tutte le volte che ne ho bisogno; la vista sui colli e su Città Alta e la lontananza dalla strada e dal traffico, che mi danno una sensazione di relax ineguagliabile; il parco sotto casa e quello più grande poco più in là, dove porto a passeggiare il nostro cane e che mi regala tutti i colori e i profumi della natura; il quartiere, una realtà complessa e bellissima con una moltitudine di lingue e nazionalità.
E non è un caso se ho deciso di cambiare lavoro; dopo anni dietro a una scrivania, sono diventata una libera professionista e ora mi occupo di organizzazione personale. E’ entusiasmante accompagnare i miei clienti nel percorso di trasformazione di uno spazio confuso e magari un po’ anonimo in qualcosa di accogliente e funzionale che trasmetta sensazioni positive e doni benessere a chi lo vive.
La mia casa non è perfetta e non vorrei nemmeno che lo fosse. Sta crescendo con me, con noi. Piano piano si aggiungono pezzi della nostra storia, si trasforma e diventa sempre più armoniosa.
Che sia un monolocale o una villa, una buona organizzazione è il segreto di una casa confortevole, bella da vedere e da vivere.