All’inizio della mia carriera come professional organizer mi sono iscritta ad APOI, la nostra associazione professionale, e lo scorso ottobre sono diventata socio senior.
Per passare da junior a senior sono necessari dei prerequisiti (per esempio avere un sito internet) e si deve sostenere un esame che prevede la relazione di un certo numero di consulenze fatte, recensioni positive da parte dei clienti e formazione specifica, ossia la lettura di alcuni dei libri presenti nella bibliografia consigliata dall’associazione.
Uno dei libri che ho scelto è Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli.
Il titolo mi incuriosiva: per quanto non mi capiti spesso, l’idea di viaggiare leggera con solo uno zaino in spalla mi attira da matti. Inoltre, quale migliore metafora per chi, come me, desidera uno stile di vita sempre più armonioso e consapevole.
E infatti il libro è, fra le altre cose, un invito a vivere secondo il principio del less is more, un motto preso in prestito dall’architettura e traslato su ogni ambito della vita, senza per questo predicare il minimalismo ad ogni costo. Si tratta, in buona sostanza, di racconti, pensieri e riflessioni che portano ad più profonda consapevolezza di sé.
Ma partiamo dall’inizio: Romagnoli legge sul Financial Times dello strano servizio di una società sudcoreana che inscena il tuo finto funerale, nella speranza di risvegliare le coscienze dei “defunti”. L’idea è che, nel paese con il record mondiale più triste (quello del più alto numero di suicidi), vivere quell’ultimo momento in piena coscienza scoraggi dal voler mettere fine alla propria vita.
Incuriosito, prende un aereo per Seoul e si sottopone all’insolito rituale: vuole sperimentare cosa si prova, scoprire quali rivelazioni emergano dalla sensazione della fine e capire se la rinascita possa portare ad una maggiore consapevolezza.
All’arrivo viene preparato per il funerale e gli viene chiesto di fare testamento. Ha solo carta, penna e mezz’ora di tempo in cui deve disporre dei suoi beni materiali e rivolgere le ultime parole alle persone più care. Pare che questo, per molte delle cinquantamila persone prima di lui, sia stato un esercizio rivelatorio: ci si rende conto dell’importanza delle relazioni, del tempo sprecato, di cosa si è saputo o non saputo costruire.
Indossata una vestaglia bianca senza tasche “perché senza nulla sei venuto e senza nulla te ne andrai”, si sdraia nella bara: stretta, scomoda, fredda. La chiudono con dei chiodi e una manciata di terra viene gettata sul coperchio. Poi, più nulla. Buio. Silenzio totale.
Dentro la bara Romagnoli si lascia andare a riflessioni, intuizioni e scoperte su di sé e sul mondo che difficilmente avrebbe potuto percepire in modo così vivo e viscerale senza quella esperienza. È qui che l’autore inizia a raccontare quello che ha pensato e imparato nei minuti successivi, mentre era morto.
Primo, viaggiare leggeri. Solo bagaglio a mano, appunto. Liberarsi di tutto ciò che è inutile, prima di tutto le certezze pesanti e definitive, granitiche e assolute, che non permettono di sperimentare cose nuove, opinioni diverse, tempi ed emozioni differenti.
Se decidi di viaggiare leggero ti devi dare delle regole e le regole non complicano la vita, semmai l’opposto
Romagnoli fa un bel parallelismo fra vestiti e rapporti della vita: meglio viaggiare leggeri, scegliere quelli che davvero ti piacciono e ti stanno bene. In una valigia piccola si seleziona quel che si vuole veramente.
Il bagaglio ideale contiene solo ciò che è davvero importante, che siano cose, emozioni o ricordi. E’, di nuovo, metafora della vita, della casa, della persona che vuoi avere accanto. Noi stessi non dobbiamo diventare pesanti zavorre che bloccano le vite e le energie di altri. L’autore ci invita quindi ad un viaggio dentro di noi, che sia di scoperta e di rimozione di pesanti aspettative, di problemi irrisolti, di passati ingombranti.
Dal racconto della storia di Glauco, imprenditore che ha perso tutto prima di ritrovare se stesso, emerge chiaramente quanto tutti noi abbiamo paura di perdere e di perderci. Eppure, perdere è un’occasione. “Quando sembra finita, ricomincia”.
Si ha paura di lasciar andare perché si teme il futuro. Si teme di dimenticare, di perdere i nostri punti fermi. E invece la morale è proprio questa: avere fiducia nelle nuove possibilità.
Più accumuliamo, meno abbiamo veramente. Crediamo sia una ricchezza, invece è un impoverimento
Come professional organizer mi occupo di cambiamenti e so bene che il trasloco è uno dei più temuti e stressanti. Studi recenti lo definiscono il peggior trauma dopo lutto, licenziamento e separazione. Ma quando le persone riescono a vivere le proprie emozioni, anche se spaventano un po’, accolgono questa grande occasione: scelgono con attenzione e lasciano andare ciò che non fa più parte della loro vita. Eliminano con grade sollievo cose inutili che avevano persino dimenticato di avere e che rubavano spazio ed energie senza un valido motivo.
Perché abbiamo bisogno di sperimentare un trauma per liberarci? Eppure è quasi sempre così.
Il libro è un inno al cambiamento, che porta a scoprire e riscoprire lati sempre nuovi di noi stessi. Ad ogni tsumani della vita, chi sopravvive è cambiato per sempre; in meglio o in peggio, dipende da noi.
Nella storia di Nicholas Vreeland si coglie tutto il senso del less is more. Fotografo newyorkese di successo, mentre si trova fuori casa gli viene rubata tutta l’attrezzatura fotografica. È come si gli avessero rubato l’identità. “Perse ciò a cui teneva di più. E trovò sé stesso”: con i soldi dell’assicurazione vive per un po’ senza dover lavorare e segue la sua vocazione principale, quella spirituale. Dopo qualche tempo diventa un monaco buddista.
Anche Vreeland aveva un bagaglio pesante sulle spalle, ma evidentemente la vita aveva in serbo altri piani per lui. L’ha obbligato ad alleggerirsi portandogli via ciò che aveva di più caro (in ogni senso) ed è stato proprio in quel “meno” che ha trovato la sua realizzazione più profonda.
Meno cose, meno amici, meno informazioni: Romagnoli ci invita a tornare alle cose importanti, a ritrovare l’essenziale e a valorizzarlo. A saper scegliere. A viaggiare leggeri nel meraviglioso viaggio che è la vita.
Ogni fine è un inizio. La bara viene riaperta. Lo scopo del gioco, gli viene detto, non è prepararsi a morire, ma a vivere.