Qualche giorno fa ho visto su Netflix due documentari interessanti: Minimalism: a documentary about the important things e The minimalists: less is now. Entrambi raccontano, completandosi a vicenda, la storia di Ryan Nicodemus e Joshua Fields Millburn, due amici di Dayton, Ohio, che ad un certo punto della loro vita affrontano un cambiamento importante adottando uno stile di vita minimalista.
Ryan e Joshua, amici fin dalle elementari, hanno una storia simile: il divorzio difficile e doloroso dei genitori, madri con problemi di dipendenze (una dall’alcol, l’altra dalla droga), infanzia e adolescenza vissute in estrema povertà.
Proprio per riscattarsi da questa condizione, entrambi promettono a sé stessi che da adulti avrebbero avuto una vita diversa. E ci riescono! Lavorano per un’importante azienda, fanno carriera velocemente, guadagnano moltissimo, comprano case, auto e vestiti costosi. Hanno successo, si direbbe.
Ma è un successo di facciata e ben presto si rendono conto di essere estremamente infelici.
A 27 anni avevo auto di lusso, abiti firmati, una grande casa con più bagni che abitanti. Vivevo il sogno americano, ma non era il mio sogno – Joshua Fields Millburn
Mi interessava solo avere una promozione, una casa migliore, un’auto migliore, una paga più alta per poter spendere più soldi, ma per fare tutto ciò dovevo vendere cellulari a bambini di cinque anni. Cosa diavolo stavo facendo? – Ryan Nicodemus
Ryan e Joshua non sono accumulatori seriali, ma sono comunque pieni di oggetti inutili e che non desiderano davvero. Posseggono cose di valore che non aggiungono nessun valore alle loro vite. Si sentono appesantiti e frustrati: lavorano 70/80 ore a settimana, guadagnano moltissimo solo per spendere sempre di più nel tentativo di trovare la felicità.
Quando, nel giro di un mese, John si separa dalla moglie e la madre muore per un tumore ai polmoni, il mondo sembra crollargli addosso. Si accorge di aver buttato via tempo prezioso, di essersi anestetizzato in uno stile di vita che non riconosce come suo. Inizia così ad avvicinarsi al minimalismo, inteso come liberazione dal superfluo per dare valore a ciò che conta davvero.
Ora ogni oggetto ha uno scopo o mi dà gioia. Sono io che giudico se una cosa aggiunge valore alla mia vita o meno; se non lo fa, devo essere disposto a lasciarla andare – Joshua Fields Millburn
Ryan, che “riempie il vuoto interiore comprando oggetti” esattamente come l’amico, viene contagiato da questo nuovo modo di vivere di Joshua. Per entrambi inizia una vita completamente diversa. Lasciano il lavoro, aprono un blog, scrivono un libro e cominciano a girare gli stati Uniti tenendo incontri e conferenze per diffondere il loro messaggio minimalista.
Immaginate una vita con meno: meno oggetti, meno disordine, meno spese, meno stress e meno insoddisfazione. Una vita con meno cose, piena di passioni e priva di quegli orpelli del mondo caotico che vi circonda è una vita più intenzionale, più autentica – Ryan Nicodemus
Il blog cresce, scrivono altri libri, creano un podcast, partecipano a due TedTalk (qui quello del 2014 e qui quello del 2016) e girano i due documentari. Sentono di aver trovato un senso, di fare qualcosa che non solo fa stare bene loro, ma può migliorare le vite degli altri.
Entrambi i documentari affrontano, sotto molti punti di vista, temi come la corsa al consumismo sfrenato, i danni del marketing senza scrupoli e dei comportamenti automatici e abitudinari di cui non ci rendiamo più nemmeno conto. Lo fanno proponendo numerosi contributi di scrittori, autori, psicologi, architetti ed interventi di persone comuni che hanno seguito l’esempio di Ryan e Joshua.
Nonostante parlino soprattutto ad un pubblico americano, forse più ingenuo e consumistico di quello italiano, sono convinta che i concetti dei due documentari siano utili anche a noi, perché spesso i nostri stili di vita sono pericolosamente simili.
La cosa interessante è che non c’è giudizio, c’è spiegazione. Non c’è estremismo nella scelta di Ryan e Joshua, c’è consapevolezza. Nelle loro storie ci sono nuovi valori, umiltà e voglia di vivere una vita più autentica.
C’è una bella differenza fra possedere degli oggetti ed essere posseduti da essi, fra vivere intenzionalmente e vivere trascinati dagli eventi. Perché il punto non è buttare via tutto, il punto è imparare a riconoscere cosa fa bene alla nostra vita e cosa no. È imparare a lasciar andare, quando è il caso. È semplificare, riorganizzare spazi e tempi per eliminare le fonti di stress che non hanno motivo di esistere.
E capire che abbiamo un margine di scelta maggiore di quanto crediamo.